Storia dei Giardini
I paesaggi della storia
La «Veduta Ideale» e l'estetica rurale europea nel XVIII secolo
L'affascinante paesaggio ha origini pre-romane e romane antiche, e questa è forse una delle ragioni per le quali artisti e letterati sono rimasti incantati dai luoghi, specialmente in tempo di pace, quando il territorio non era utilizzato come avamposto di strategica importanza, che altrimenti era e che consentiva il controllo degli accessi da Est alla Città Eterna e la sorveglianza sugli acquedotti che garantivano a Roma il principale approvvigionamento idrico.
Grazie all'abbondanza di acqua e alle sue temperature fresche d'estate, quest'area lungo la Valle dell'Aniene è stata a lungo considerata un eccellente luogo di villeggiatura non troppo lontano da Roma.
A Tivoli c'erano le ville estive imperiali, fra le quali la Villa di Adriano, quella di Nerone e quella di Traiano, nonché quelle di molti senatori e "vip" dell'epoca, fra i quali Bruto, Cassio e Cicerone, oltre a molti principi; qui sono anche i giardini più famosi del Rinascimento, resi speciali dalle fontane di Villa d’Este, alimentate dalle acque dell'Aniene.
Sui dolci pendii intorno al Castello, non lontano neanche da Tivoli, ci sono i ruderi delle pre-romane mura ciclopiche (alcuni tratti sono visibili), che proteggevano l'insediamento degli Equi, un antichissimo popolo di origine indo-europea, e del Pagus Mandela, il piccolo villaggio romano sorto dopo che i Romani sconfissero gli Equi nel V secolo a.C..
Questo è anche il luogo in cui Orazio aveva una delle sue aziende agricole e al quale il poeta fa riferimento in alcune delle sue lettere. Nella sua prima Epistula (Ep.1 Lettera XIV), Orazio descrive la campagna attorno al Pagus Mandela e narra delle passeggiate ai piedi di questi pendii, lungo il fiume Digentia (affluente dell'Aniene), attorno all'anno 1 d.C..
Hackert dipinse dieci acquerelli, le "Vues de la campagne d'Horace" (Vedute della campagna di Orazio), una serie di dipinti delle campagne che circondano la villa estiva di Orazio e che si trovano al di sotto o nella zona intorno al Castello.
Questa collezione divenne famosa e stabilì i nuovi canoni sulla pittura e sulla composizione del paesaggio in Europa nel XVIII secolo.
Mentre nel XVII secolo Poussin e Lorrain pensavano che le vedute ideali si trovassero generalmente nella campagna romana, nel XVIII secolo, secondo Hackert, i paesaggi ideali (ideallandschaft) si trovavano nelle campagne che circondano la villa e le fattorie di Orazio, nella valle del fiume Aniene, e che sono in parte intorno a Mandela (ancora campagna romana). Hackert asseverò che le pittoresche vedute della Valle avevano tutti gli elementi necessari per l'ottimale composizione di un paesaggio, e che questi elementi erano tutti nel posto giusto e rappresentavano le nuove vedute ideali da dipingere e disegnare.
Come detto, la collezione di acquerelli è diventata famosa e alla fine è finita in un intrigo internazionale. Hackert dipinse questi punti di vista per il suo piacere personale e non su commissione, mentre normalmente gli artisti avrebbero lavorato solo su commissione (fino a quando gli artisti del movimento impressionista iniziarono a dipingere per propria ricerca e piacere).
A quel tempo Hackert stava lavorando a un'importante commissione per il principe Borghese, ma non era contento dei temi che gli era stato chiesto di dipingere, avendo quelli a che fare più con la grandezza della famiglia che con ciò che l'artista pensava fosse opportuno ritrarre. Appena poteva, scappava fuori Roma per disegnare ciò che gli piaceva ed è così che questi guaches (guazzi) sono stati dipinti. Furono poi acquistati dalla Regina di Napoli come regalo per sua sorella, la regina Maria Antonietta di Francia. Alle due regine (entrambe figlie della regina Maria Teresa d'Austria) fu poi comunicato che gli acquerelli perirono in un naufragio.
Dopo questa perdita, il re Gustavo III di Svezia, che Hackert aveva incontrato in Svezia vent'anni prima, all'inizio della sua carriera, chiese ad Hackert di incidere le stesse vedute degli acquerelli (splendidamente incisi da Dunker), che riuscirono così belli che iniziò a circolare una seconda collezione, non autorizzata da Hackert e incisa da Morel.
50 anni fa gli acquerelli sono stati ritrovati e sono ora nel museo di Goethe a Dusseldorf, in Germania.
Quando Hackert venne a vivere in Italia, era già famoso come il nuovo maestro della pittura paesaggistica. La sua attività e la sua nuova visione del paesaggio pittoresco erano di interesse generale soprattutto presso l'intellighenzia internazionale che si muoveva per il Grand Tour verso Roma, come Johann Winkelmann, Angelika Kaufmann e Wolfgang Goethe, che erano suoi amici. A riferire l'attività di Hackert in quest'area è stato Wolfgang Goethe, che era suo ammiratore e allievo: Goethe ha scritto estensivamente del suo amico pittore e della sua scuola a Licenza (vicino a Mandela) e delle sue tecniche di insegnamento, lo descrisse dipingere le vedute durante il giorno e studiarle la sera:
«Non appena la brava locandiera aveva deposta la lampada d’ottone a tre becchi sull’ampia tavola rotonda, ed augurata la felicissima notte, ci radunavamo tutti attorno a quella, e si cavavano fuori i fogli, sui quali durante la giornata si erano eseguiti disegni, ovvero presi schizzi. Si parlava intorno a questi, si discuteva se gli oggetti fossero stati presi dal miglior punto di vista; se si fossero riprodotti a dovere; si trattavano tutte le quistioni che valessero a porsi in grado di rendere conto esatto di quanto si era fatto.».
Goethe, Viaggio in Italia, 15 novembre 1786.
Dopo l'esperienza scolastica, quando Goethe tornò a Roma dopo un viaggio a Napoli e in Sicilia, Hackert e Goethe tornarono in questa zona da soli. Al Castello del Gallo si è sempre saputo che i due hanno alloggiato per alcuni giorni in una parte della fortezza che ora si chiama Loggia di Goethe. Lo sappiamo anche perché una delle nipoti di Goethe, Valerie von Wagner, con il matrimonio entrò a far parte della famiglia dei Del Gallo (c'è un affresco che la ritrae a cavallo nella Sala dei tre Moschettieri).
Camille Corot (che disegnò un ideale "Giardini di Orazio") e dotti come Johann Winkelmann e Angelica Kaufmann vennero tutti a vedere le vedute e l'area della villa di Orazio.
Lord Byron, parte di questa intellighenzia internazionale a Roma, venne a vedere, come leggiamo in Childe Harolde:
«Alla fine della valle, verso l'Anio, c'è una collina spoglia, coronata da una piccola città chiamata Bardela. Ai piedi della collina scorre il ruscello Licenza...»
(Nota: Bardella fu il nome dell'area su cui insiste il Castello sino alla fine del XIX secolo)
Fu in questo ricco contesto storico che Alessandro e Julie Bonaparte decisero di cingere con alberi gli splendidi paesaggi identificati da Hackert come viste ideali, dove sarebbe stato poi ospitato il salone letterario internazionale di Julie.
Quando i del Gallo assunsero la proprietà all'inizio del XIX secolo, il primo Marchese, Luigi del Gallo, era in relazioni di amicizia con alcuni membri dell'intellighentia internazionale, come Angelika Kaufmann, e fu egli stesso presidente di una Accademia letteraria (Accademia Tiberina).
Suo figlio, Alessandro del Gallo, sposò Julie Bonaparte. Giulia (come ben presto si prese a chiamarla a Roma) mantenne un salotto letterario a Parigi, al tempo di Napoleone III, suo cugino, poi a Roma e infine a Mandela nella stagione estiva.
La nuova coppia decise di delimitare i panorami amati da Hackert con querce, lecci, cipressi e ippocastani, che oggi sono cresciuti fino a dimensioni imponenti. La loro idea era di trasformare le meravigliose vedute in un parco paesaggistico naturale in cui ospitare i loro amici intellettuali e artisti. Lo fecero senza fare molto movimento terra, il che è importante perché tutti i giardini romantici in stile inglese in Europa e in Inghilterra sono stati creati per apparire naturali, come si vede in molti dei parchi paesaggistici di Capability Brown, che hanno fatto la moda per questo tipo di giardino nel resto d'Europa.